LA LUPA
di Igor Francescato

Adattamento a opera teatrale dell’omonima novella di Luigi Pirandello
PERSONAGGI

Gnà Pina, La Lupa

Nanni

(Maricchia)

Don Angiolino

Carmela

Angelina

SCENA I

Paesaggio rurale. Campagna, un ulivo al centro della scena, davanti ad esso passa una strada campestre, in lontananza una chiesa. Due contadinelle stanno raccogliendo le olive, sulla parte destra della scena, mettendole in grandi cesti di vimini. Si sente il canto di cicale , l’uggiolio di cani e in lontananza il canto di altri braccianti.

CARMELA: quanto mi fa pena la povera Maricchia, così giovane e bella, maritata a Nanni con la forza, per capriccio della madre, ora che lo ama ed ha avuto due splendide creature di Dio… 

ANGELINA: (continua la frase di Carmela) …sapere che la Lupa gli ruba il marito nei campi, dev’esser straziante, poveretta…

CARMELA: è una lupa affamata, di cibo e di uomini. Mi fa paura la gnà Pina, quando passa in paese, alta, pallida, gli occhi grandi e le labbra rosse, è l’immagine del diavolo! Per fortuna che non viene mai in chiesa: tutte le nostre anime manderebbe in Purgatorio, quella!

ANGELINA: Oh, come la compatisco, una lupacchiotta che versa lacrime amare di gelosia e di rabbia…

Batte, in lontananza, la campana della chiesa dodici rintocchi.

CARMELA: è mezzogiorno, sbrighiamoci, che la tavola non s’apparecchia da sola.

Raccattano rapidamente le ultime olive e escono da destra.

SCENA II

Nanni entra da sinistra, vestito con abiti semplici e sporchi, con un ampio cappello per ripararsi dal sole cocente e la zappa sulla spalla. Si mette a lavorare la terra sulla parte sinistra della scena. Ha appena cominciato e si sente osservato. Alza la testa e vede, alla sua estrema sinistra, la Lupa che lo fissa con enormi occhi neri, il petto prepotente, mentre si liscia le lunghe trecce scure. In mano ha un mazzetto di papaveri rossi. Continua il canto fastidioso delle cicale e, ogni tanto, il latrare dei cani.

NANNI: (togliendosi un attimo il cappello per tergersi il sudore dalla fronte) Che ci fate in giro a quest’ora? Vi ho detto mille volte non ci dovete più venire nell’aia, mai più venire mentre ci lavoro io, avete inteso?

LA LUPA: ti ho portato il vino per rinfrescarti la gola.

NANNI: il vostro vino non lo voglio. Lo sapete bene che ho le mie vigne, e che a quest’ora ho pranzato e sono sazio di vino e di carne.

La lupa non risponde ma, fissando intensamente gli occhi di Nanni, gli va incontro.

NANNI: (fermandosi nel suo lavoro) Suvvia gnà Pina, vi ho detto di starmi lontano, ho una famiglia e sono uomo onesto, statemi a distanza.

LA LUPA: vi voglio, sole della mia terra, miele del mio alveare, papavero rosso della fiamma del mio cuore.

NANNI: no state ferma, diavolo in terra, sapete che alla vostra tentazione io non so’ resistere, malanno dell’anima vostra!

Così dicendo Nanni getta la zappa a terra, si fa circondare dalle braccia della Lupa, un po’ le sfugge ma poi accetta il suo bacio, se la trascina con ardore per un braccio fuori scena, a sinistra.

SCENA III

Sempre la stessa scena. Entrano da destra Carmela e Angelina, scuotendo il capo. Hanno un piccolo cesto di vimini con delle uova. Stanno passeggiando chiaccherando. Si fermano per riposarsi sotto l’ulivo.

CARMELA: impazzirà quella disgraziata.

ANGELINA: neanche il brigadiere è riuscito a sollevarla dalla sua croce.

CARMELA: non si può neanche cacciarla, quella cagna, perché la casa è sua, l’ha lasciata in dote a Maricchia a condizione di poterci vivere anche lei.

ANGELINA: le ha pensate tutte, sa amministrare la sua terra come la sua fame.

CARMELA: e la sua fame è tanta! (ridacchiano insieme)

ANGELINA: ora che si è ammalato Nanni, dovrà nutrirsi di qualcos’altro! (risatina) Solo un miracolo potrà salvarlo dal potente calcio nel petto del suo mulo. Quel misero animale era stracco di girar la pala della macina!

Entra in scena, da destra, con passo lesto, un pretino sulla quarantina, vestito di nero, con le mani giunte in un libricino.

DON ANGIOLINO: definirlo un miracolo è poco! Quel sudicio giovine s’è salvato, l’ho incontrato io poco fa, aveva una buona cera, forse si è pentito a tal punto che tutti i santi del Paradiso, e forse qualcuno anche dell’altra parte, l’ha voluto ancora peccatore tra di noi!

Carmela e Angiolina ridono rumorosamente, mettendosi una mano davanti la bocca per contenersi.

DON ANGIOLINO: e adesso scusatemi, ma ho il vespro della sera. E non fate tardi, che voglio vedere anche voi tra i banchi del Signore.

Così dicendo esce di scena da sinistra.

ANGELINA: oh, non si preoccupi padre, noi sappiamo qual’è il sentiero che porta alla chiesa.

E se ne vanno a sinistra.

SCENA IV

Cala la sera. Le luci si abbassano e proiettano ombre blu. Finisce il cicalare. Cantano i grilli, ogni tanto un cane in lontananza. La scena è ancora abbastanza chiara. Dalla sinistra entra stanco e affaticato Nanni, spingendo con fatica un carretto su cui traspora qualche cesto di olive e una scure. Sta guardando il fondo della stradicciola. Quando stà per arrivare davanti all’ulivo, compare la Lupa, sull’estrema sinistra, nella stessa posizione della scena II, retta e sicura, stringendo un mazzo di papaveri.

LA LUPA: caro genero mio…

Nanni si ferma di scatto, come se fosse stato pugnalato alla schiena, e alza lentamente lo sguardo, con il presentimento di una brutta visione.

NANNI: no, no! Voi mi farete uscir di senno! Vi avevo avvisato che non mi avreste più dovuto tentare, ve lo pregai e pregai e adesso vi rivedo sulla mia strada…

LA LUPA: questa strada è di tutti, voi ed io abbiamo lo stesso diritto di calpestarla.

NANNI: io la calpesto perchè mi dà il pane, ma voi invece…

LA LUPA: il pane ve l’avete sudato anche oggi, io vi ho portato il vino…

Così dicendo, ammiccando, la Lupa gli volta le spalle e a lenti passi scompare a destra.

NANNI: ah! Malanno dell’anima vostra!

Nanni impugna la scure e la insegue con fervore, in preda all’agitazione, scomparendo velocemente a destra. Per qualche secondo non succede nulla. Poi si ode un breve lamento femminile, che potrebbe essere di piacere o di dolore. Dalla sinistra cadono dei petali di papavero, come buttati da una mano. Si sente abbaiare forte un cane, a cui un altro ed un altro ancora gli fanno il verso.

SIPARIO
Scritto nel 2004 come esercitazione scolastica, materia italiano (frequentavo l’Istituto Cine – TV Roberto Rossellini di Roma).)
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